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sabato, 9  maggio 2020



08:38:00
Festa dell'Europa, Cannito: «Non c'è conflitto che si possa superare in solitudine»
«Ci manca la possibilità di continuare a conoscerla viaggiando»



Settanta anni fa, nel 1950, le nazioni europee stremate dalla seconda guerra mondiale, cercavano di risollevarsi dalle conseguenze devastanti di quel conflitto ed erano determinate a impedire che una guerra di quelle proporzioni potesse riesplodere. Questo spinse alcuni governi europei a mettere in comune gli interessi economici per migliorare la qualità della vita ma, soprattutto, per porre le basi per un'Europa unita, nella quale una nuova guerra non fosse più possibile.

Il 9 maggio 1950 il Ministro degli Esteri francese Robert Schuman propose così la creazione della CECA, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, i cui membri avrebbero messo in comune quelle produzioni. La CECA, i cui paesi fondatori furono Francia, Repubblica federale di Germana, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo, è stata la prima di una serie di istituzioni sovranazionali che avrebbero condotto alla nascita dell’Unione europea.

Oggi, 70 anni dopo, l’Europa deve fronteggiare un altro dramma epocale, il peggiore dopo la seconda guerra mondiale, l’epidemia di Coronavirus e la crisi economica e sociale da essa innescata. Dinanzi a questa inimmaginabile emergenza, alla quale nessuno Stato può illudersi di sfuggire chiudendosi nei propri confini, la risposta europea, almeno in una prima fase, non è parsa unita e coesa e gli Stati membri si sono mossi “in ordine sparso”. Anche alcuni dei pilastri della nostra Europa sono sembrati vacillare, a cominciare dalla libera circolazione delle persone, con restrizioni previste fino al 15 maggio prossimo; ma questo è accaduto persino all’interno degli stessi confini nazionali, abbiamo dovuto adottare misure straordinarie per impedire non alle persone ma al virus di circolare.

Ciò che preoccupa, piuttosto, è il rischio che, di fronte a tendenze sovraniste, agli egoismi di singoli Stati (come alcuni del Nord Europa), a rinascenti nazionalismi, ai quali ha dato voce anche la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 5 maggio scorso, possa smarrirsi quello spirito di solidarietà che, evocato già nella Dichiarazione Schuman e declinato in molteplici varianti e materie, permea di sé l’intera costruzione europea e ne costituisce la più autentica e profonda ragion d’essere.

Mi sembra, peraltro, che i successivi sviluppi dell’azione europea siano ispirati a tale spirito di solidarietà e ne costituiscano concreta attuazione. Se chi era rimasto bloccato in paesi terzi è riuscito a tornare a casa in piena pandemia è stato grazie all’Unione europea; e fra i governi, i ministeri e le autorità nazionali vi sono interlocuzioni e contatti costanti per mettere a punto azioni efficaci anche per l'eliminazione graduale delle misure di contenimento, per avviare in sicurezza la fase di ripresa e il rilancio delle economie.
Le certificazioni e gli standard europei sono quelli che ci garantiscono e ci proteggono da truffe e frodi pericolose e che in momenti come questi sono importantissimi. Per non parlare dell’impegno per la ricerca.
Ma è soprattutto sul piano della ripresa socio economica che si concentrano le attenzioni di noi tutti. Anche in questo campo le istituzioni europee, pur tra molte difficoltà e resistenze di alcuni governi, stanno mettendo in campo varie iniziative al fine di non lasciare indietro nessuno, concedendo maggiore flessibilità agli Stati membri nell'uso dei fondi strutturali e proponendo strumenti e soluzioni innovative, come sollecitato anche da Papa Francesco, per attenuare i danni sociali ed economici causati dalla pandemia.

Per me, dunque, quest’anno, il 9 maggio, Festa dell’Europa, deve rappresentare una nuova nascita dell’Unione europea perché non c’è conflitto, crisi, pandemia che si possano superare in solitudine, chiudendosi agli altri, senza il sostegno dell’Europa.

Mai perdere fiducia nell’Europa: significherebbe cancellare la storia del Vecchio Continente e comprometterne il futuro. Torneremo in Europa anche fisicamente, ci manca la nostra casa comune e la possibilità di continuare a conoscerla viaggiando attraverso le sue bellissime capitali, alla scoperta di noi europei, una famiglia numerosa, solidale e unita!


Redazione



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