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sabato, 4  novembre 2023



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4 novembre, la ricostruzione dell'archivista storico Michele Grimaldi
"La guerra non terminò per una vittoria decisiva, ma per esaurimento di uno dei due blocchi"



«La data del 4 novembre, quasi un secolo or sono, fu scelta perché, quella giornata (forse qualcuno non lo saprà), seguiva l'armistizio fra l'Impero Austro Ungarico e l'Italia con le forze dell'Intesa, siglato a Villa Giusti il 3 novembre 1918 nella residenza del conte Vettor Giusti del Giardino a Padova. Istituita esattamente 104 anni fa, nel 1919, la celebrazione del 4 novembre è l'unica festa nazionale che ha attraversato decenni di storia italiana: dall'età liberale, al fascismo, all'Italia repubblicana. Inoltre nel 1921, in occasione della celebrazione della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, il Milite Ignoto venne sepolto solennemente all'Altare della Patria a Roma». Così l'archivista di Stato, Michele Grimaldi.

Nel 1922, poco dopo la marcia su Roma, la festa cambiò nome in Anniversario della Vittoria, assumendo quindi una denominazione caratterizzata da un forte richiamo alla potenza militare dell'Italia, mentre dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1949, il significato della festa è tornato quello originale, ridiventando la celebrazione delle Forze Armate italiane e dell'Unità d'Italia. Infatti, con la vittoria nella prima guerra mondiale, l'Italia completò l'unità nazionale con l'annessione di Trento e Trieste. Riconosciuto da tutti, la Città della Disfida ha rivestito un ruolo primario ed a volte da vero e proprio Protagonista nel primo conflitto mondiale.

Nella comunità barlettana è molto forte e diffuso il radicamento della memoria di eventi drammatici connessi a quella guerra: il coinvolgimento pressoché totale della popolazione, le trasformazioni prodotte sul territorio in previsione del conflitto e nel corso del suo svolgimento, i radicali sviluppi politici ed istituzionali conseguenti. Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra a fianco dell'Intesa contro l'impero austro-ungarico. Sul fronte austriaco ebbe subito inizio la guerra di logoramento. Il primo vero atto di guerra fu proprio nella nostra Città. Infatti allo scoccare della fatidica data del 24 maggio 1915, il Castello di Barletta fu bombardato dall'esploratore asburgico Helgoland dall'imboccatura del porto e solo l'eroico intervento del cacciatorpediniere Turbine scongiurò che l'attacco proditorio fosse diretto sulla Cattedrale e la Città. Molti italiani si arruolarono volontari e tra questi il diciottenne Giuseppe Carli classe 1896, prima Medaglia d'Oro della Grande Guerra, ma la maggior parte dei combattenti fu costituita dai richiamati alle armi con l'arruolamento obbligatorio.

Furono numerose le battaglie che vennero combattute, soprattutto in Trentino, Veneto e Friuli. Tre furono i fiumi teatro di grandi battaglie: l'Isonzo, il Tagliamento e il Piave. Anche quella sul fronte italiano fu una guerra di trincea, contrassegnata da sanguinosi assalti e da combattimenti feroci per la conquista di pochi metri di terreno. L'unico risultato significativo raggiunto fu la conquista di Gorizia (agosto 1916) avvenuta dopo che gli italiani erano riusciti a fermare una pesante offensiva austriaca, la cosiddetta "spedizione punitiva", sull'altopiano di Asiago. Il solo primo anno di guerra costò agli italiani la perdita di circa 250.000 uomini fra morti, feriti, dispersi e prigionieri.

L'Italia, quando scoppiò la guerra mondiale, aveva alle armi 248.000 uomini ed aveva appena 2.250.000 cittadini con obblighi militari e con una pur sommaria istruzione; a questi 2.534.000 nel corso dei quattro anni di guerra vennero aggiunti altri 3.224.000 uomini, dei quali 2.788.000 rimasero per un periodo più o meno lungo nell'Esercito mentre 720.000 furono dispensati ed esonerati per esigenze imprescindibili della produzione agricola, industriale e bellica nonché per il funzionamento dei pubblici servizi.

Nel 1915 il fante italiano, sotto il comando del (discusso e discutibile) generale Luigi Cadorna, sostenne con magnifico slancio innumerevoli combattimenti, raggiungendo particolari obiettivi, ma senza conseguire decisivi risultati: tra le principali azioni ricordiamo le battaglie: del Monte Nero, gloria degli alpini, di Castelnuovo del Carso, del San Michele, di San Martino del Carso, di Oslavia, del Col di Lana, nel settore cadorino.
Ognuna di queste azioni ci costò il sacrificio di migliaia di soldati, ma perdite maggiori costarono agli Austriaci, i quali nel 1915 ebbero sul nostro fronte 220 mila uomini fuori combattimento. Essi però si erano assicurato il grande vantaggio della scelta del terreno ed avevano molte linee fortificate scaglionate in profondità, sicché, perduta una linea, si appoggiavano alla successiva, e il progresso dell'attaccante non poteva essere che lento.

Molti italiani si arruolarono volontari e tra questi il diciottenne Giuseppe Carli classe 1896, prima Medaglia d'Oro della Grande Guerra, ma la maggior parte dei combattenti fu costituita dai richiamati alle armi con l'arruolamento obbligatorio.

Era nato a Barletta il 13 febbraio 1896 in largo S. Agostino al civico 90, da Giuseppe e da Maddalena Lattanzio e mentre frequentava il terzo anno della scuola di ragioneria, Giuseppe CARLI decise di abbandonare gli studi e a soli 18 anni, il 28 febbraio 1914, si arruola nell'11° Reggimento dei Bersaglieri quale allievo Sergente. Esattamente l'anno successivo, dopo aver ricevuto i gradi di caporale il 31 agosto 1914 e caporal maggiore il 30 novembre 1914, il 28 febbraio 1915 viene trasferito al 12° Reggimento Bersaglieri - IV Compagnia – 23° Battaglione con il grado di Sergente ed infine, il 22 maggio 1915, alla destinazione ultima, il 1° Reggimento Bersaglieri, in territorio dichiarato in stato di guerra. Giunto in prima linea, senza vestiario, cibo e paga utile che gli permettesse di alimentarsi in maniera sufficiente o a scattarsi una foto in divisa da inviare ai familiari a Barletta, fu schierato oltre la frontiera lungo l'Isonzo a pochi chilometri dal Monte Nero presidiato dalle truppe Austrungariche. Il 12° Reggimento Bersaglieri, agli ordini dell'VIII divisione del IV Corpo d'Armata e accampato a Luico, ricevette l'ordine di dare appoggio all'azione di Alpini e Fanti contro le truppe nemiche schierate sul Monte Nero.

Il 24 maggio 1915, le truppe italiane si mossero dall'accampamento di Luico verso il Monte Mrzli, oltre l'Isonzo. L'attacco fu un completo disastro e costrinse le truppe alla ritirata. Il 1° giugno alle 9, il Colonnello Eugenio De Rossi si pose alla testa dei Bersaglieri, degli Alpini e dei Fanti per raggiungere Volarje, alle falde del monte Mrzli, per dare inizio alla salita.
Il primo scontro ebbe luogo alle 18 e due ore dopo le prime trincee di quota nemiche erano conquistate. Il Sergente Giuseppe Carli nell'intento di debellare una postazione di mitragliatrice che stava causando decine di morti, si lanciò all'assalto: fu colpito una prima volta, rialzatosi continuò la sua corsa ma fu centrato altre due volte e cadendo al suolo gridò ai suoi, prima di spirare, "Non vi curate di me… andate, andate".

Un ufficiale austriaco, presente al combattimento, pare abbia dichiarato " Sembrava che nulla potesse arrestare lo slancio di quei diavoli ". Così quel Ragazzo di Barletta, della classe 1896, si guadagnò la Prima Medaglia d'Oro attribuita a militari italiani durante la Prima Guerra Mondiale. Barletta pagò un pesantissimo tributo di vite donate alla Patria, ben 768 e nel giorno che ricorda le nostre forze armate, sono onorato citare gli "sconosciuti" decorati caduti sul campo nella Grande Guerra: la Medaglia d'Oro CARLI Giuseppe classe 1896; le Medaglie d'Argento DORONZO Luigi (ben tre medaglie di Argento) classe 1886, GARINELLA Agostino classe 1891, LANOTTE Nicola classe 1887, MENNEA Michele classe 1896, STRANIERO Nicola Giovanni classe 1896 e le Medaglie di Bronzo BERARDELLI Lodovico classe 1895, COLAPRICE Pietro classe 1881, LANOTTE Michele classe 1895, POMARICI Giuseppe classe 1889, RUTIGLIANO Raffaele classe 1890 e ZIGOLILLO Giuseppe cl. 1894.

Quello che ho riportato non è un freddo elenco di nomi ma uno splendente esempio di "ragazzi" i quali risposero "Presente", come riportato sui gradoni del Sacrario di Redipuglia, per l'onore e per servire l'Italia. La guerra non terminò per una vittoria decisiva, ma per esaurimento di uno dei due blocchi, quello degli Imperi Centrali. Infatti, nel 1918, una crisi attraversò sia l'Impero tedesco sia l'Impero austriaco».


Redazione



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