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venerdė, 23  agosto 2019



21:31:00
Zes e porto di Barletta
Invito del segr. gen. CGIL BAT: “C'è un nuovo bando, l'intero territorio partecipi”



“Troppo pochi i circa 260 ettari di territorio della Bat che rientrano nella Zes Adriatica di
Puglia e Molise. Poca cosa rispetto al resto della Regione, le istituzioni della provincia si
devono mobilitare”. L’esortazione arriva dal segretario generale della Cgil Bat, Biagio
D’Alberto, che spiega come la “Zes sia certamente un’opportunità di sviluppo ma è
necessario che si apportino alcune modifiche per rendere più importanti le ricadute sulla
Bat”.
Nel piano strategico della Zona economica speciale, come è noto, è rientrato il polo di
Barletta, incentrato sul porto e sulla zona industriale più direttamente ad esso connessa,
ovvero l’area di via Trani, per un totale di poco più di 260 ettari. “Bene tutto ciò ma se
analizzato il dato ci consegna almeno tre aspetti critici riguardanti le scelte operate:
innanzitutto, il piano strategico della Zes Adriatica non prende per nulla a riferimento il
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia Barletta-Andria-
Trani che prevede due progetti territoriali strategici che impattano con la Zes Adriatica-polo
di Barletta, ovvero il cosiddetto PST2 (Rete territoriale delle aree di insediamento
produttivo provinciale) e il PST8 (Sistema portuale e retro-portuale di Barletta). Nel piano
strategico della Zes si considera a priori solo la zona industriale di via Trani a
Barletta, che è sicuramente quella più vicina al porto, ma non l’unica del territorio che
gravita sull’area di Barletta, come è possibile ricostruire dai dati sull’origine e
destinazione delle merci trattate nel porto stesso”, aggiunge il numero uno della Cgil
provinciale.
“Per esempio, l’indirizzo formulato in sede di PST8 è stato la ricerca di una soluzione che
integri le esigenze di movimentazione delle merci pericolose con il conferimento al porto
dei prodotti del cementificio (che costituisce un’altra componente di un certo rilievo del
traffico in partenza) tramite l’adeguamento dello svincolo tra la SS.16 e via Andria, con la
viabilità principale extraurbana. La direttrice verso via Andria consente il collegamento con
le aree industriali retro-costiere esistenti che debbono costituire la prima risorsa in termini di
attrezzature retro-portuali. In questa prospettiva rientra il possibile ruolo che può essere
svolto dal polo logistico esistente sulla SS. 170 tra Barletta e Andria, adiacente alla Ferrovia
Bari Nord, che potrebbe essere collegato al porto attraverso la riattivazione di un vecchio
braccio ferroviario. Inoltre, vorremmo sottolineare anche la questione riguardante la
connessione operata dal piano strategico con gli snodi logistici di Foggia. Allo stato
attuale non sembra che fra questi e il porto di Barletta vi siano relazioni o comunque
non sono così rilevanti come quelle esistenti fra le aree produttive di Barletta, quelle di
Trani, di Andria e anche quelle della piana ofantina (Margherita di Savoia, Trinitapoli e
San Ferdinando)”, ritiene D’Alberto.
Ma la partita non è ancora chiusa, infatti il 18 luglio scorso è stato pubblicato un
nuovo bando regionale che mette a disposizione altri 260 ettari di Zes, ci sono 90 giorni
a disposizione per presentare progetti. “Le istituzioni territoriali devono approfittarne –
tuona il dirigente sindacale – e il territorio si deve candidare ad appropriarsi di queste
ulteriori aree perché servono per creare il collegamento con la rete territoriale e con i
progetti già in essere. La comunità locale deve prendere coscienza che c’è questo limite e
deve interpretarlo in atti affinché questo lembo di Puglia sia più virtuoso. L’ideale sarebbe
che più comuni della Bat si uniscano e chiedano alla Regione l’allargamento della Zes in
sede di ripartizione degli altri ettari a disposizione. Un’area più vasta consentirebbe di
creare un’occasione per lo sviluppo dell’intero territorio che non sia slegata da quanto già
fatto in precedenza. Ciò che noto – conclude il segretario generale – è che non c’è stata
nessuna voce che abbia rivendicato quello che ancora manca alla territorio”.
Michela


Michela Alicino



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