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venerdì, 22  aprile 2022



08:00:00
25 aprile: a Barletta corteo antifascista dal murale dedicato ai fratelli Vitrani
"Negli ultimi due anni è stato sempre più difficile vivere le strade e le piazze come si dovrebbe fare"



"Il 25 aprile non è mai stato una ricorrenza, semmai un’occasione per ribadire quei concetti che sono alla base dell’idea di mondo di chi crede in un futuro diverso. Come altri anni abbiamo deciso di comporre uno spezzone di corteo che si raccoglierà sotto il murale dedicato ai fratelli Vitrani a partire dalle 10:00 e che raccolga tutte e tutti coloro che fanno della memoria antifascista una pratica quotidiana". A comunicarlo sono Collettivo Terra Bruciata Barletta e Barletta Antifascista

"Le amministrative - proseguono - sono alle porte e sappiamo bene che qualcuno interpreterà questa giornata come occasione di propaganda elettorale, soprattutto tra coloro che nelle loro azioni e scelte politiche hanno calpestato la memoria antifascista della nostra città, stringendo patti ed alleanze con gente vicina all’estrema destra o avvallando scelte che hanno appesantito il disastro sociale in atto.

Negli ultimi due anni è stato sempre più difficile vivere le strade e le piazze come si dovrebbe fare ed il corteo di questo anno probabilmente avrà il ruolo di fare un bilancio della lenta agonia a cui tentano di condannarci".

Precarietà.
I due anni di pandemia hanno visto l’indebolirsi sistematico di componenti sociali che già normalmente avevano da inventarsi qualcosa per tirare a campare. In questo contesto di debolezza il ricatto occupazionale è stato sempre più feroce e difficile da evitare. Aziende, attività e locale che per più di un anno hanno riempito le pagine dei giornali con i loro piagnistei sono coloro che hanno regalato sfruttamento e precarietà subito dopo il cosiddetto ritorno alla normalità. Quella normalità che per noi è sempre stata il problema, perché normalizzare ciò che dovrebbe indignare significa dimenticare le difficoltà degli ultimi. In questo aspetto Barletta per una volta si è dimostrata non essere una realtà provinciale, adeguandosi al trend nazionale.

Sicurezza.
Nel contesto di incertezze fin qui accennato, sempre più pesante si fa sentire la mano di chi fa lauti profitti sguazzando nella disperazione del prossimo. Vicende tragiche hanno portato Barletta sulle cronache nazionali e l’ostinato non voler vedere il problema ha prodotto una situazione ormai ingestibile. Si è tanto dibattuto di sicurezza, ma di quale sicurezza parliamo? Tanti tra i sinceri democratici che si apprestano a convincerci di quanto sia giusto e bello eleggerli hanno partorito nei mesi passati un regolamento di pubblica sicurezza che ricalcando il decreto Minniti ha convalidato il teorema secondo cui sicurezza sia uguale a fare la guerra ai poveri basandosi sul feticcio del decoro urbano e di un’idea miope di degrado incarnato dai diversi, dai deboli e dai più poveri e non dalle aziende inquinanti responsabili del disastro ambientale. Questa propaganda securitaria ha messo al sicuro chi sulla città vetrina costruisce le proprie fortune economiche e politiche mettendo da parte la sicurezza di chi la città la vive, dove la criminalità locale fa lauti profitti riciclandosi nelle aziende in difficoltà economica e lascia che i propri cani dissemino terrore e, purtroppo, morte.

Ambiente.
Ma che dire del vero degrado esistente in città? Il disastro ambientale, con i suoi strascichi di malattie, è un problema che in città si è via via cronicizzato fino a diventare argomento, ridondante nella migliore delle ipotesi, di secondo piano. Sembra quasi che in città non si avverta più il problema delle aziende insalubri come IL problema. Sembra quasi che ciò che si giudicava dannoso sei anni fa oggi non lo sia più. Complice la perdita totale di credibilità di taluni noti personaggi che hanno utilizzato le battaglie ambientali per costruire roccaforti con le quali campare di rendita, aggiudicandosi ruoli istituzionali e dirigenziali di primo piano e mostrando la loro vera natura.

Complice anche l’inefficacia di quelle lotte che sono il trend topic del momento e poi passano nel dimenticatoio. Ci si mobilita (giustamente) per un pino e si tace di fronte alla cementificazione selvaggia, che intacca anche l’idea stessa di area verde. Non è un mistero che i pochi parchi cittadini siano piazzali di cemento decorati con qualche pianta malaticcia e mal curata. Ma non basta. Ci si mobilita per il supermercato nel castello ma in modo ipocrita si tace per la gentrificazione del centro storico a pochissimi metri dal luogo dove sarebbe sorto il supermercato nel fossato del castello.

Spazi Sociali.
Come si rende possibile tutto questo? Indebolendo sistematicamente l’offerta ludica e culturale di questa città. Rendendo i luoghi del consumo (nemmeno alla portata di tutti) unica forma di aggregazione sociale. In questo modo la, già piccola, componente di cultura alternativa in città si è sempre più indebolita se non proprio svuotata del suo significato. Frequentare contesti che rendono i cittadini e soprattutto i più giovani meri strumenti di mercato, senza una mente attiva e partecipativa, è una delle componenti essenziali del disastro sociale in atto da anni in questa città. Oggi più che mai non c’è lotta che possa essere definita tale senza rivendicazione di spazi sociali, senza quei luoghi dove pezzi di cultura totalmente elitaria siano alla portata di tutte e di tutti e dove il confronto quotidiano funga da argina al moltiplicarsi di sciacalli e fenomeni di violenza cieca più o meno visibile con gli occhi.

Riconosciamo in tutti i punti affrontati in questa chiamata alla mobilitazione tutte le facce del fascismo. Laddove esiste sopraffazione dell’uomo su uomo esiste oppressione. E’ oppressione mettere in atto dinamiche di sfruttamento lavorativo, è oppressione accanirsi contro i più deboli, è oppressione il macismo della società patriarcale che fa della violenza contro gli esseri umani e la natura uno dei suoi pilastri fondamentali.
Ritrovarci per comporre questo spezzone delle lotte sociali sotto il murales dedicato ai fratelli partigiani Vitrani ha un valore non solo simbolico. I volti di due giovani che hanno dato tutto per la difesa delle libertà di tutte e di tutti ci fa riflettere su quanto sia ancora importante parlare di resistenza in un contesto storico dove vecchi e nuovi fascismi si cibano di guerre tra poveri che distolgono l’attenzione dai reali responsabili di tanta precarietà e disperazione.

Ma non basta. Non ci può essere Antifascismo senza parlare di Internazionalismo. Stiamo vivendo uno scenario tetro in cui lo spettro della guerra va via via trovando concretezza nella corsa al riarmo ed in ciò che succede in Ucraina ormai da due mesi. Le politiche liberticide del regime di Putin ed il suo approccio di aggressione sul piano internazionale costituiscono una minaccia non solo ad est. L'eterna ricerca di egemonia della NATO e dei Paesi nella sua area di influenza (in modo più o meno ufficiale), rappresenta un problema anche sul piano nazionale, dove ingenti somme di denaro pubblico vengono investite in armamenti piuttosto che in sanità ed istruzione.

Condanniamo con fermezza la ricerca dello scontro tra imperialismi. Su questo ultimo punto occorre non perdere di vista che le guerre non smettono di combattersi con un pacifismo generalizzato fatto di vuoti “nè con uno né con l’altro” che mettono sullo stesso piano oppressi ed oppressori. Le cose vanno chiamate con il loro nome. In Ucraina è in corso un’aggressione militare figlia di un confronto tra due differenti forme di imperialismo e tra fazioni oligarchiche differenti che si combattono giocando con la pelle della gente. La Russia ha invaso uno stato sovrano facendosi beffa di qualsiasi convenzione di diritto internazionale, parlando di "denazificazione" pur avendo negli anni sostenuto regimi sanguinari come quello di Assad e pur servendosi di gruppi militari neonazisti. Dall'altra parte il governo ucraino paga irrimediabilmente il costo di scelte inadeguate e contro la stessa sopravvivenza dello suo stesso popolo.

La Resistenza ad un'aggressione militare è sacrosanta, ma Resistenza non è se vi prendono parte formazioni armate neonaziste che, anzichè essere messe al bando, fanno a tutti gli effetti parte dell'esercito regolare, pur essendosi macchiate di stragi e massacri. Non si può parlare di Resistenza, infine, senza precisare che le guerre decise dai governi e le pagano i popoli. I disastri creati nella storia recente in Libia e Siria non hanno insegnato nulla, oggi la guerra è una minaccia tutt'altro che lontana.

Non si può, infine, parlare di Resistenza senza condannare l'ipocrisia della solidarietà che fino ad oggi ha ignorato l'oppressione ai danni dei territori Palestinesi , dei Mapuche, dei Kurdi e di tutti i popoli di cui la politica internazionale ed i media fingono di dimenticarsi.


Redazione



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